«La cucina incarna la saggezza alimentare delle popolazioni e delle rispettive culture»
La cucina popolare è l’espressione più chiara della «volatilità» della cultura orale, che si manifesta quando viene messa in pratica. Il dato distintivo della cucina domestica tipica, o tradizionale, risiede nel «fare a occhio». L’esperienza popolare del fare le cose a occhio è, dunque, l’esempio migliore dell’intangibilità.
Il dialetto della cucina
Le donne che cucinano, soprattutto se anziane, rappresentano la storicizzazione del potere femminile: esse sono incapsulate nelle gerarchie dei doveri sociali e domestici, e la natura gratuita del loro lavoro (un dono alla famiglia e alla comunità) non rende giustizia alla loro attività la cui funzione diviene fattore di concreta unificazione dell’universo familiare e sociale.
Il cibo e le sue pratiche diventano fattori di appartenenza e di non-appartenenza: il cibo in fase di trasformazione e addomesticazione diviene creatura, bambino; quando lievita si copre amorevolmente con la coperta, si sveglia, si cura, si spurga, si decora, di presenta e si divide in porzioni, in un processo di costruzione di legami. Come ogni cultura orale, la cucina è un dialetto che si apprende vivendo.
La storia delle sagne
La tradizione culinaria di Castiglione Messer Marino è legata al piatto principe tipico soprattutto del carnevale: le sagne a lù cuttèure, sagne cotte e mangiate nel caldaio.
Le origini di questo primo piatto risalgono al tempo del funzionamento degli antichi mulini ad acqua. Era buona abitudine per i mugnai impastare acqua e farina per realizzare queste sagne a pezze (pezzate) da condire con salsiccia, pancetta e peperoncino in polvere dolce. Ma la vera curiosità sta nella degustazione: le sagne venivano mangiate da tutti nello stesso caldaio di rame (lù cuttèure) e con le mani.
Narra la leggenda che verso la fine del 1800 un gruppo di castiglionesi, recatosi al mulino dell’asinello (dove nasce il fiume Sinello), rimase bloccato dalla neve. La moglie del mugnaio, non avendo niente da offrire per rifocillare i clienti, impastò le sagne, cuocendole nel caldaio con salsiccia e pancetta. Non essendoci le posate per tutti, il gruppo si arrangiò mangiando la pasta con le mani. Oggi i mulini a acqua non ci sono più, ma la tradizione si è conservata ugualmente.
La tradizione prevede che le sagne vengano servite negli appostiti caldai da cui tutti i commensali possono attingere con le mani, quasi come se fosse un atto irriverente, goliardico, all’interno di un contesto di rottura e stravolgimento delle regole.
Sono molti i segreti che, soprattutto in cucina, vengono nascosti e sono molte le donne che conservano gelose alcuni ingredienti di cui non vogliono svelarne le particolarità e l’utilizzo. Ma Maria Zaccardi, una castiglionese affezionata alle tradizioni, soprattutto quelle culinarie, ci prepara delle deliziose sagne, consentendoci di assistere ad ogni fase dell’elaborata preparazione.
Come preparare le Sagne a lù cuttèure
La signora Maria ci invita nella sua cucina il giorno 24 marzo 2019 e apre le porte della sua casa a Castiglione Messer Marino dove è nata il 16 maggio 1938.
Gli ingredienti
Pochi ingredienti sul tavolo, una spianatoia e le mani sapienti che iniziano a lavorare. Gli ingredienti per l’impasto sono 150 grammi di farina a persona, farina 00 e semola di grano duro, sale, olio e acqua.
La preparazione
La farina viene versata sulla spianatoia (Figura 1), e viene creato un incavo al centro. Con l’aggiunta di olio, un pizzico di sale e dell’acqua poca per volta, si inizia ad impastare con le mani prima delicatamente e poi con maggiore forza, con movimenti decisi e veloci. Ottenuto un panetto liscio e compatto, viene fatto riposare per almeno un’ora sotto un canovaccio.
Per il condimento occorrono, invece, pancetta di maiale, salsiccia e peperoncino essiccato in polvere, tutti ingredienti che non mancavano mai nella dispensa, soprattutto nel periodo di carnevale che seguiva quello dell’uccisione del maiale tra Natale e capodanno. È consigliabile scegliere pancetta e salsiccia semi-stagionate (Figura 2). Dunque, mentre l’impasto riposa, la pancetta va tagliata a dadini e viene fatta soffriggere con un goccio di acqua. Successivamente si taglia la salsiccia allo stesso modo per poi aggiungerla nella padella con la pancetta.
È il momento di tirare la pasta infarinando la spianatoia per evitare che la pasta si attacchi (Figura 3). Ottenuto lo spessore desiderato (un paio di millimetri) la pasta va avvolta al mattarello; viene praticato dapprima un taglio orizzontale e successivamente tagli trasversali.
Il peperoncino essiccato in polvere (Figura 4), che sia dolce o piccante, è l’ultimo ingrediente da aggiungere alla pancetta e alla salsiccia poco prima di assemblare il condimento con le sagne. Va unito nella padella calda ma a fuoco ormai spento, evitando così di bruciarlo.
Anche il peperoncino in polvere può essere fatto in casa. Il peperoncino va lasciato essiccare per un paio di mesi e successivamente infornato, pestato e setacciato. Nella zona del medio-alto vastese, è utilizzato per arricchire la maggior parte dei salumi ottenuti dopo l’uccisione del maiale, principalmente salsicce e la tipica ventricina, nonché per valorizzare la preparazione di molti piatti come le patate sotto alla coppa o al coppo, le alici dissalate condite con olio e peperoncino o gli spaghetti con aglio, olio e peperoncino.
Le sagne vanno, dunque, cotte in acqua salata bollente. A cottura quasi ultimata il peperoncino essiccato in polvere viene unito alla pancetta e alla salsiccia. Una volta scolata la pasta, questa viene condita nello stesso caldaio (lu cuttèure) nel quale la tradizione prevede che vengano mangiate con le mani in segno di comunione e convivialità ma anche goliardia e rottura degli schemi e delle regole, proprio come accade durante il carnevale.
Classe 1995, nasce a Vasto (CH). Conseguita la laurea in Lettere moderne, si specializza dapprima in Filologia, linguistica e tradizioni letterarie e successivamente in Giornalismo e cultura editoriale. Ha tentato fin da subito di fare della scrittura un lavoro, collaborando con agenzie web e testate locali. Oggi attraverso Visitare Abruzzo racconta la sua regione, per cogliere gli aspetti tipici di una terra autentica e verace.
Sono abruzzese e amo le tradizioni della nostra regione. Ho letto l’articolo, complimenti, questo piatto non lo conoscevo fino a pochi minuti fa che ho letto l’articolo . A carnevale Mamma faceva la pasta alla chitarra, io continuo a rispettare questa tradizione. Quest’anno farò questo piatto.
Ps
Mamma ammassava sempre, quasi tutti i giorni, naturalmente formati diversi, queste in foto le chiamava ” lì pittiluc” e le condiva con sugo finto (olio cipolla e pomodoro colato fatto in casa) e fagioli tondini della Val Tavo
Grazie mille Annamaria per la sua testimonianza. Siamo felici che l’articolo Le sia piaciuto. Buona giornata 🙂
Sono abruzzese della prov.di Pescara ho lavorato 5 anni a Castiglione M.M. ed ho avuto la fortuna di gustare questo piatto più volte, è veramente buono e gustoso, tant’è che lo abbiamo rifatto a casa più volte sempre però procurandoci la salsiccia che si profuce lì.