Il 6 dicembre, in occasione della ricorrenza della morte di San Nicola, vescovo di Myra (343 d.C.), in molte località dell’Europa cristiana si celebra la festa del santo. Il culto di San Nicola, una delle principali figure della cristianità, caratterizza oltretutto non solo il mondo cattolico ma anche quello ortodosso. San Nicola è poi figura cara al mondo protestante che ne celebra la ricorrenza nei panni di Santa Klaus; si ritiene che il santo protegga i bambini, attribuendogli anche il potere di controllare le tempeste.
A Pollutri (CH) il culto di San Nicola, attestato già nei secoli passati, è oggi ancora estremamente sentito, tanto che il santo si festeggia sia a dicembre, con le “fave di San Nicola”, sia a maggio, con la preparazione dei taralli e in entrambi i casi, con grande partecipazione dell’intera comunità. Secondo la leggenda locale, l’usanza di cuocere le fave e distribuirle ai fedeli servirebbe a rievocare un miracolo compiuto dal santo che, per sfamare la comunità colpita da una grave carestia, avrebbe fatto arrivare sei barche cariche di fave.
Ma come per la maggior parte delle tradizioni cristiane, anche questa nasconde origini pagane. Infatti, nel mondo antico, le fave erano associate al regno degli inferi e al culto dei morti. A Roma, durante la festa dei Parentalia, il consumo di questo legume forniva un ponte invisibile tra passato e presente, mettendo i vivi in collegamento con i propri defunti. In altre culture le fave acerbe venivano ingerite in grandi quantità allo scopo di provocare allucinazioni, in modo da entrare in contatto con la divinità.
Gli storici abruzzesi Diego Marciano e Luigi Anelli, rispettivamente in “Cronaca” ed in “Ricordi di storia vastese“, si soffermano molto sui festeggiamenti in onore di San Nicola, fissata per il 6 dicembre. Ma, in questo giorno, la festa si svolgeva in forma ridotta perché spesso le avverse condizioni atmosferiche impedivano a buona parte dei pellegrini di recarsi nel centro del paese. Per questo motivo venne posticipata alla prima domenica di maggio.
I festeggiamenti di maggio e dicembre venivano organizzati da una apposita commissione di “deputati”, che, tra i propri compiti, aveva anche quello di ospitare i pellegrini che raggiungevano Pollutri Pollutri e che non sempre sapevano ricambiare l’ospitalità loro offerta. Diego Marciano, a tal proposito, ricordando la festa in onore di San Nicola del 1703, così scrive: “La gente del Vasto è solita andare a San Nicolò a Pollutri, e così per la troppa birba che facevano alla tavola, lo signoe arciprete non volse dar riposo a nessuno per dormire, essendo che tutti gli tiravano le fave, e così la gente sfasciarono le porte della chiesa”.
Durante i festeggiamenti di dicembre si distribuiscono fave, pane e vino ai fedeli. Le fave vengono cotte all’aperto la sera del 5, vigilia della festa, in nove grandi calderoni (cotturi) posti al centro della piazza. Dopo la benedizione del parroco, viene dato il segnale per l’accensione dei fuochi. A questo punto inizia la “gare de lu volle” (gara della bollitura) in cui i giovani del paese si sfidano a chi per primo riesce a far bollire l’acqua nei caldai.
La seconda fase del rituale è affidata alle donne che, giunte in processione, gettano ognuna un piatto di sale all’interno del pentolone. I ragazzi si fanno da parte per lasciare agli uomini il compito di vigilare sul fuoco e portare avanti la cottura. Una tradizione, dunque, che non può essere dimenticata, soprattutto in un complicato anno come questo che ha privato molte comunità dell’occasione di poter celebrare i propri riti e le proprie usanze rimaste inalterate nel tempo.
Classe 1995, nasce a Vasto (CH). Conseguita la laurea in Lettere moderne, si specializza dapprima in Filologia, linguistica e tradizioni letterarie e successivamente in Giornalismo e cultura editoriale. Ha tentato fin da subito di fare della scrittura un lavoro, collaborando con agenzie web e testate locali. Oggi attraverso Visitare Abruzzo racconta la sua regione, per cogliere gli aspetti tipici di una terra autentica e verace.