A Taranta Peligna (CH) nei giorni che precedono la Festa di San Biagio (il 3 febbraio, data del martirio del Santo secondo il calendario liturgico) si preparano le panicelle, piccoli pani che raffigurano quattro dita distese ad indicare la posizione della mano del sacerdote nell’atto di benedire. Secondo un cerimoniale riproposto ogni anno dalla confraternita del paese, dopo la preparazione dell’impasto all’interno delle madie, le panicelle vengono lavorate collettivamente, da donne e bambini, sagomate come da tradizione, marchiate con il timbro raffigurante San Biagio e infine cotte al forno. A differenza di quanto accade in altre località abruzzesi, i pani devozionali per il santo non assumono la classica forma di ciambella, ed è proprio questo a renderli estremamente particolari e unici. Ma scopriamo il significato che si nasconde dietro questa particolare tradizione…

Per risalire alle radici della devozione per il santo, San Biagio per l’appunto, patrono dei lanaioli e dei cardatori, dobbiamo considerare il fatto che l’economia di Taranta Peligna è legata non a caso proprio all’arte della lavorazione della lana. San Biagio, vissuto nel IV secolo, ricoprì la carica di Vescovo a Sebaste in Armenia, ma a causa delle persecuzioni contro i cristiani, fu costretto a nascondersi in una caverna. Ritrovato da alcuni cacciatori, fu denunciato alle autorità e condannato per questo a morte. La storia narra che prima dell’esecuzione fu brutalmente torturato da un pettine uncinato per cardare la lana.

Ma questo non è l’unico episodio associato alla vita di questo santo che è ricordato anche per essere il protettore della gola. La leggenda narra la storia di un bambino soffocato da una spina di pesce. Condotto dalla madre al Santo, il Signore per mezzo del Vescovo Biagio, compì il miracolo. Come segno di ringraziamento la donna offrì le candele, prima al Vescovo e poi alla chiesa che sarebbe stata eretta per celebrarne il ricordo. Oggi della chiesa di San Biagio restano solo la facciata e i resti della possente torre campanaria, eretta dal 1564 al 1616, come testimoniano due iscrizioni alla basa del campanile medesimo un tempo di cinque piani (oggi ne rimangono solamente due) . Di gran pregio è il caratteristico portone dai battenti lignei intagliati, risalente al XVI secolo, periodo in cui si fa risalire la costruzione della chiesa.

Il giorno della festa, nella Chiesa di San Nicola, si procede alla benedizione della gola: durante la funzione i fedeli ricevono la benedizione mediante due candele incrociate attorno alla gola. La funzione si conclude con la processione e la distribuzione delle panicelle benedette.

Classe 1995, nasce a Vasto (CH). Conseguita la laurea in Lettere moderne, si specializza dapprima in Filologia, linguistica e tradizioni letterarie e successivamente in Giornalismo e cultura editoriale. Ha tentato fin da subito di fare della scrittura un lavoro, collaborando con agenzie web e testate locali. Oggi attraverso Visitare Abruzzo racconta la sua regione, per cogliere gli aspetti tipici di una terra autentica e verace.