Il lancio della ruzzola è un gioco di antichissime origini. Diffuso in molte regioni d’Italia, con il termine di ruzzica o ruzzola si intende il nome del cilindro di legno del diametro di circa trenta centimetri e del peso di qualche chilo che deve riprodurre la forma di formaggio pecorino tradizionalmente utilizzato per eseguire i lanci e talvolta utilizzato ancora.
Come si gioca
Il gioco, infatti, consiste nell’avvolgere uno spago intorno alla ruzzola (che sia una forma di formaggio o un cilindro di legno) e lanciarla trattenendo un capo dello spago in modo da imprimerle una più veloce rotazione. Lo scopo è di fare giungere il più lontano possibile la ruzzola con un numero prefissato di lanci, oppure di raggiungere un traguardo con il numero minore di lanci possibili.
Talvolta viene proposto come gioco di squadra utilizzando una sola forma di formaggio: i giocatori, divisi in squadre, si alternavano cercando di lanciare il più lontano possibile il formaggio, senza farlo uscire dal percorso stabilito e ripartendo dal punto preciso in cui è arrivato il compagno di squadra col tiro precedente: in questo modo diventa una specie di staffetta in cui la forma di cacio funge da testimone. La squadra che termina il percorso col minor numero di lanci vince il premio che consiste nella forma stessa di formaggio utilizzata per il gioco. Quando, invece, si opta per il gioco individuale, al vincitore spettano come premio tutte le forme di formaggio degli avversari o premi stabiliti prima della gara.
Le gare si svolgono su campi delimitati e appositamente attrezzati per rendere il gioco più movimentato: salite, curve e ostacoli rendono difficoltoso il percorso di gioco. La precedenza del tiro spetta sempre al giocatore in svantaggio ed è obbligatorio seguire il percorso prefissato.

Origini del gioco
Il gioco era praticato, probabilmente, già dagli antichi Etruschi: nella tomba dell’Olimpiade della Necropoli dei Monterozzi di Tarquinia è raffigurato il cosiddetto discobolo o lanciatore, la cui posizione per alcuni è proprio quella tipica di chi sta lanciando una forma di formaggio. Ovviamente è questa una versione ribattuta e contestata da tanti altri studiosi, mentre nessuno, invece, ha dubbi sul fatto che la pratica della ruzzola fosse diffusa alla fine dell’Impero romano e già nel primo Medioevo.
Oltretutto, proprio all’inizio del Medioevo, “giocare ad ruellas” iniziò ben presto non solo a mettere a rischio l’incolumità delle persone nelle strade ma soprattutto ad essere associato ad un vero e proprio gioco d’azzardo: se all’inizio era il cacio stesso usato come ruzzola ad essere dato in premio a chi vinceva, con il tempo la vincita passò ad essere in denaro. La tradizione andò avanti ma la ruzzola, che fosse in legno o di formaggio, venne vietata nel 1761 con l’unica eccezione nel periodo del Carnevale, periodo ufficialmente deputato al sovvertimento dell’ordine pubblico.

La ruzzola in Abruzzo
In Abruzzo la ruzzola, che ha subìto ovviamente modifiche nel corso degli anni, viene giocata una volta all’anno, durante il periodo di Carnevale. Il gioco consiste nel riuscire a colpire per primi la porta di una cantina, facendo “ruzzolare” la forma lungo un percorso stabilito. Due squadre si affrontano, tirando alternativamente la ruzzola e la difficoltà sta nel riuscire a compiere il percorso con il minor numero di tiri, sfruttando le discese, gli angoli e gli ostacoli imposti durante il percorso. Il premio consiste nei dolci di carnevale o nel vino che il proprietario della porta, spesso un altro dei concorrenti, mette in palio. Una volta consumato il premio, viene stabilita quale sarà la prossima porta da colpire. Il gioco termina in una festa alla quale partecipano tutti i concorrenti, nel pieno spirito carnevalesco.
In ambito abruzzese, di questo gioco si trova testimonianza nello statuto della città di Atri, dal 1504 al 1532, il quale, al capitolo 114, ne vieta la pratica sulle strade pubbliche, mentre al capitolo 115 prevede le sanzioni per i danni a cose e persone provocati dai giocatori di ruzzola al di fuori del paese.
Il libro “La mia guerra contro i briganti nell’anno 1806” dell’ufficiale napoleonico Remy d’Hauteroche descrive la pratica della ruzzola anche nella città di Pescara. Anche Gabriele D’Annunzio nel Libro Segreto del 1935 scrisse: «Il sapore della Maiella è tutto nel nostro cacio pecorino… È il cacio nerastro, rugoso, durissimo: quello che può rotolare su la strada maestra a guisa di ruzzola in gioco. Miro e rimiro. Non mangio più. A dieci anni ero anch’io ruzzolante su la strada di Chieti; e sapevo legarmi al braccio lo spago e avvolgerlo intorno al cacio e prendere la rincorsa per tirare, entrando in furia se la mia gente rideva di me».
L’UNESCO nella Dichiarazione UNESCO 2003, detta anche Carta internazionale dei giochi e degli sport tradizionali, ha stabilito che il gioco tradizionale della ruzzola fa parte dei Patrimoni orali e immateriali dell’umanità.

Classe 1995, nasce a Vasto (CH). Conseguita la laurea in Lettere moderne, si specializza dapprima in Filologia, linguistica e tradizioni letterarie e successivamente in Giornalismo e cultura editoriale. Ha tentato fin da subito di fare della scrittura un lavoro, collaborando con agenzie web e testate locali. Oggi attraverso Visitare Abruzzo racconta la sua regione, per cogliere gli aspetti tipici di una terra autentica e verace.