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Alla scoperta degli antichi mestieri: la bachicoltura

Bachicoltura

Non tutti forse sanno che la cultura della seta è sempre stata praticata in Abruzzo e ha avuto un notevole sviluppo nella nostra regione.

La bachicoltura

Un po’ di storia

All’inizio del Settecento, molti degli abitanti di Roccamontepiano, una delle località del Chietino, erano dediti alla coltivazione del gelso e all’allevamento del baco. Nel corso del Settecento, a causa di miopi provvedimenti fiscali, ci fu una forte contrazione della produzione di seta ma, nell’Ottocento la bachicoltura ebbe nuovamente una grande diffusione, soprattutto nella provincia di Chieti e a Notaresco, in provincia di Teramo, grazie alla forte richiesta da parte dei mercanti del Teramano, disposti a pagare notevoli cifre pur di ottenere gran parte dei bozzoli esportati di solito nello stato pontificio.

Per l’allevamento dei bachi nelle bigattiere occorrevano grandi quantità di foglie di gelso, nelle varietà nero e bianco. Per ricavare circa 1 quintale di bozzoli dai quali ricavare circa 10 chili di seta, erano necessarie tonnellate di foglie di gelso giunte al giusto grado di maturità, ovvero solo quelle di un colore verde più o meno intenso.

Le razze di baco da seta erano molte, c’erano quelle il cui ciclo biologico si compiva una sola volta (monovoltine), due volte (bivoltine) e più volte (polivoltine). I bachi costruivano il bozzolo avvolgendo intorno al proprio corpo un lungo filo di seta da loro stessi prodotto. Onde evitare il danneggiamento del filamento che componeva il bozzolo, la crisalide veniva fatta morire prima della schiusa. Infine si completava il ciclo produttivo in filanda dove si procedeva con il dipanamento del filo e del suo avvolgimento sull’aspo per ricavarne mattasse e solo a questo punto la seta grezza era pronta per essere trasformata in tessuto.

Il rilancio della bachicoltura ottocentesca avvenne grazie agli incentivi destinati ai proprietari terrieri e anche per la diffusione di tecniche innovative proposte dalle Società Patriottiche, ovvero a sodalizi formati da agronomi e da autorevoli studiosi. Nel secolo successivo queste Società vennero trasformate in Società Economiche che arruolavano il meglio della cultura scientifica del tempo.

Giuseppe Devincenzi, illustre cittadino di Notaresco, nel 1843 introdusse in Abruzzo il primo stabilimento bacologico alla Darcet, ovvero basato su un innovativo sistema di ventilazione forzata. L’altra novità da lui introdotta fu la coltivazione di qualità esotiche di gelso nano che, intorno al 1850, si diffuse nelle vicine Marche. La Badia di Corropoli, dopo le leggi della soppressione napoleonica, non divenne luogo per l’allevamento dei bachi, ma sede di un’attività scientifica sul baco da seta e sul suo commercio. Il seme del baco, dopo la selezione e il controllo al microscopio, veniva venduto alle industrie del nord Italia ed anche a migliaia di allevatori, piccoli e grandi, sparsi in tutta la provincia di Teramo.

Il declino

Nel 1867 una terribile malattia dei bachi da seta, la pebrina, si diffuse nelle bigattiere. Iniziò nella Francia Meridionale, in una data imprecisata tra il 1844 e il 1849 e giunse in Italia nei primi anni 50, estendendosi inarrestabile a tutte le aree seriche della penisola in poco tempo.

Diverse erano le malattie cui erano soggetti i bachi da seta ma la pebrina li rendeva inappetenti e incapaci di formare il bozzolo, causando il loro progressivo dimagrimento fino alla morte. L’epidemia venne definitivamente debellata in seguito alla diffusione negli anni 70 dell’800 delle nuove tecniche per la riproduzione del seme effettuate con il metodo del microscopio, detto anche metodo cellulare, ideate dal Pasteur. Il primo a diffondere tale conoscenza fu il Dottor Pio Speranza Mazzoni di Notaresco che introdusse in Abruzzo delle tecniche all’avanguardia per la coltura, la prevenzione e la cura delle malattie che fino ad allora avevano minato la produzione dei bachi da seta.

Vincenzo Mapei

Un grande bacologo abruzzese fu l’ imprenditore Vincenzo Mapei, nato a Nocciano nel 1806. Nel suo paese fondò un importante allevamento di bachi da seta e una filanda. Scrisse numerosi testi e pubblicò articoli sull’arte della bachicoltura e vinse un prestigioso Premio all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1856 per i tessuti prodotti dalla sua filanda. La sua azienda è tuttora attiva nel territorio, dove organizza giornate formative e laboratori di bachicoltura, sericoltura e tintura naturale dall’osservazione del baco alla creazione del tessuto.

 

Immagine in evidenza: thanks to narrandoltrepo.it

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