Narrate di generazione in generazione, in Abruzzo sono tante le storie e le leggende della tradizione popolare. Una di queste riguarda il territorio delle “Gole del Salinello” e “Castel Manfrino”, territorio dei Monti Gemelli, in provincia di Teramo, nella parte nord-orientale del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
La leggenda
La leggenda racconta che una mattina di aprile, uno speleologo di origine teramana si avventurò per percorrere gli storici sentieri che portavano a Castel Manfrino, alla ricerca di qualche tesoro nascosto.
Secondo delle leggende popolari, infatti, all’interno del castello o nelle sue vicinanze, tuttora si nasconderebbe il grandioso tesoro appartenente al valoroso Re Manfredi (Re degli Svevi e sovrano di Castel Manfrino). Per riuscire a trovarlo, avrebbero perso la vita avidi avventurieri e le loro anime vagano senza pace intorno allo strapiombo.
Si narra di un enorme macigno che bloccherebbe una grotta in cui si celerebbe il tesoro di Re Manfredi di Svevia in monete d’oro, rame e argento, custodito da una fata vestita di bianco. La leggenda dice che chi si avventura nella caverna, deve inizialmente portare via solo le monete in rame, per poi ripresentarsi tre anni dopo per quelle in argento e altri tre anni dopo per impossessarsi delle monete d’oro.
Se questa regola non viene rispettata e si tenta di portare subito via tutte le monete, un incantesimo fa chiudere la porta della grotta, facendo perire i malcapitati.
Nonostante le continue ricerche e sopralluoghi, lo speleologo non si perse d’animo e continuò ad oltranza, perlustrando per diversi mesi la zona con una forza di volontà impareggiabile.
Un giorno, di ritorno dal castello, fu attratto da una chiesetta diroccata e abbandonata che si trovava nelle vicinanze. Pensando che sarebbe stato un luogo perfetto per riposare vi entrò e trovò cumuli di paglia, legname e sterpaglia.
Dopo qualche istante si guardò intorno, percependo una sensazione mai provata e subito dopo si diresse verso il fondo della cappella e iniziando a scavare trovò due splendidi candelabri dorati, che lui ancora oggi ha nella sua cantina.
Con aria di soddisfazione, in seguito uscii dalla piccola chiesetta per dirigersi verso casa e trovò con stupore una fitta nebbia che prese il posto del caldo sole che c’era prima.
Durante il ritorno a casa, sentì di colpo un fruscio dietro di lui, si girò di scatto e vide con stupore e paura un piccolo e vispo “mazzemarille”, che cercava di attirare l’attenzione contorcendosi e fissandolo con due occhioni grandi, per dirgli che il tesoro che cercava non era lì, ma bensì nella parte più alta della montagna in un posto chiamato “osso caprino”.
Più volte il fantastico esserino si offrì di accompagnarlo nel luogo dove si trovava il tesoro, ma lo speleologo terrorizzato se la diede a gambe elevate mentre lu mazzemarille scompariva nella nebbia.
Raggiunta Teramo, nella cantina della sua casa, guardando impietrito i due candelabri si rese conto di aver vissuto un esperienza unica, indimenticabile e terrorizzante.
Da quel giorno non pensò più al tesoro di Manfredi.
“Lu Mazzemarille”
“Lu Mazzemarille” è un termine dialettale in uso sia in Abruzzo, sia in Molise, equivalente all’italiano folletto, gnomo e che prende i nomi più disparati nelle diverse regioni italiane.
Si dice che il bambino morto senza battesimo ritorni a vivere, trasformandosi in un “Mazzemarille” con poteri magici che però sono annullati se gli si ruba il classico berretto rosso. E’ a conoscenza dei luoghi dove sono nascosti i tesori ed ha un carattere dispettoso. Non appare mai di giorno.
Foto di giulianova.it
Giornalista e copywriter. Studentessa universitaria di Lettere moderne. Attualmente frequento un Executive Master in Digital Marketing & Social Media Communication. Ho collaborato con il quotidiano “Il Centro” e varie testate locali online occupandomi di cronaca e interviste. Lavoro come addetto stampa presso Enti e aziende. Testarda e ironica. Mi piace tutto ciò che è arte.