Anche l’Abruzzo, i un’epoca lontana, è stato lo scenario della famosa caccia alle streghe. Nel Medioevo, un periodo oscuro e allo stesso tempo ricco di fascino, quelle che venivano comunemente considerate streghe erano spesso donne anziane, malviste per diversi motivi, future mogli rifiutate dai loro mariti, donne non più vergini, levatrici e curatrici che non potevano esercitare in pubblico, donne malate di mente. La pena per loro era quasi sempre la morte.
La delirante persecuzione contro le streghe cominciò sotto gli auspici dell’Inquisizione, quando la Chiesa esercitava ancora una supremazia indiscussa sulla vita religiosa dell’Europa. Va però ricordato che in Abruzzo non fu mai allestito un vero tribunale dell’Inquisizione, ma furono i vescovi delle varie Diocesi con la supervisione e il benestare del Santo Uffizio a ordire e a processare i poveri malcapitati accusati di stregoneria.
A finire sul rogo fu anche Ernestina, figlia di Alberico, pescatore, e di Ave, massaia e levatrice.
Ernestina Di Pompeo
Nasce Campli nel 1598, dopo varie vicissitudini e carestie la sua famiglia decide di trasferirsi in quel di Giulianova anche per via del lavoro del padre. Cresce in un’umile dimora costruita vicino al mare, poco più di una baracca in legno dove vi era un semplice giaciglio fatto di paglia e pietre per dormire. Con il passare degli anni impara le arti domestiche cercando di aiutare la madre nelle faccende di casa e vendendo il pesce al mercato.
All’età di 17 anni Ernestina invogliata dalla zia materna Berenice, ostetrica del paese, decide di imparare le arti dell’alchimia e della farmacia. Questa anche se ancora non se lo immaginava sarà la sua condanna a morte, infatti quattro anni dopo, ormai abile farmacista Ernestina viene accusata di essere una strega.
Farmacista e secondo l’accusa meretrice ebbe una figlia senza aver marito, sempre pronta ad aiutare gli altri preparando unguenti e pozioni ricavate dalla mistura di erbe medicinali ora doveva difendersi da una accusa calunniosa e molto pericolosa.
Omertosamente nessuno dei suoi “pazienti” ai quali molte volte salvò la vita disse una parola in sua difesa. Nessuno poteva opporsi al Santo Uffizio, onde evitare di subire la stessa sorte dell’imputato.
La neonata figlia Francesca, venuta alla luce dopo un incontro amoroso con un giovane del paese, che non volle riconosce la paternità, soffriva di quelle che oggi vengono definite “crisi epilettiche infantili” ma che all’epoca erano viste come maleficio.
E così da un giorno all’altro la giovane Ernestina di soli 21 anni si trovò ad essere accusata di stregoneria e la figlia di possessione. Di conseguenza viene condotta di fronte al tribunale ecclesiastico, chiusa in carcere, spogliata, torturata, processata lei continua a proclamarsi innocente e dalla sua giovane bocca uscirono solo lamenti e preghiere. Dopo pochi mesi la sentenza, che non potè essere che una: la morte. Accusata di essere “Malissima donna e tiene nome di pubblica fatucchiera, donna di malissima vita!“.
Ernestina viene arsa viva a Giulianova nel 1619. La fine della storia è ancora più triste e riecheggia nei secoli fino a noi, poichè anche la piccola Francesca, che fu accusata di essere posseduta dal diavolo e quindi ancor più pericolosa della madre stessa, verrà condannata alle stesse sorti della madre.
«Requiem aeternam dona eis, Domine, et lux perpetua luceat eis. Te decet hymnus Deus, in Sion, et tibi reddetur votum in Ierusalem. Exaudi orationem meam; ad te omnis caro veniet.»
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Giornalista e copywriter. Studentessa universitaria di Lettere moderne. Attualmente frequento un Executive Master in Digital Marketing & Social Media Communication. Ho collaborato con il quotidiano “Il Centro” e varie testate locali online occupandomi di cronaca e interviste. Lavoro come addetto stampa presso Enti e aziende. Testarda e ironica. Mi piace tutto ciò che è arte.